La Torre dell'Orologio
La Torre dell'Orologio
Chiesa Matrice
Chiesa Matrice

Beni artistici


  • ) Chiesa di San Domenico, ora detta “Chiesa del Rosario”, annessa al distrutto Convento dei Padri Domenicani Predicatori, fondato nel 1526 col nome di “Santa Maria del Soccorso. Il Convento ospitò fra’ Girolamo Musitano, uno dei più dotti teologi del XVII sec., autore delle “Teologicarum Disputationum”.

Unica testimonianza dell’antico Monastero, distrutto dal terremoto del 1783, è l’attuale Chiesa del Rosario, l’antica cappella dei frati, ad unica navata. L'altare maggiore in marmo finemente lavorato, è dedicato alla Vergine del Rosario, negli stipi laterali sono conservate le statue di San Rocco e della Madonna del Rosario. La Chiesa ospita altre due sacre effigi: di S. Rita e S. Michele. Un prezioso medaglione in marmo raffigurante Pio V è alloggiato sotto l'altare moderno. La volta della Chiesa è stata affrescata nel 1926 da Zimatore Grillo. Sotto il pavimento si conservano ancora le fosse sepolcrali. Dal XVIII secolo opera la Confraternita del Rosario.

  • Chiesa Matrice o di San Giovanni Battista, protettore della città. Ora Santuario Maria SS. di Patmos. Con un decreto di mons. Domenico Crusco, Amministratore Apostolico della Diocesi di Oppido-Palmi, su richiesta del parroco don Pino Varrà, la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista è stata elevata a Santuario Diocesano in onore di Maria SS. di Patmos Non si conosce l’anno di costruzione. Ma esisteva certamente nel 1540. In quell’anno, e precisamente il 12 luglio, è presente nel Registo Vaticano. Distrutta dal terremoto del 1783, fu ricostruita. Venne abbattuta nel 1929 e riedificata sullo stesso sito, ma in posizione migliore.

Nell’attuale edificio, provenienti dal vecchio, si conservano un pregevole quadro ad olio raffigurante la Madonna con Gesù e San Giovanni fanciullo, che gli esperti fanno risalire al XVI secolo, di pittore ignoto. La Chiesa, a tre navate, ha altrettanti altari: su quello maggiore troneggia la statua della Madonna di Patmos, rifacimento della statua lignea, distrutta da un incendio, rinvenuta sul lido di Rosarno nel 1400 proveniente da un Monastero dell’isoletta greca, dopo che i Monaci l’affidarono alle onde per sottrarla alla furia degli iconoclasti musulmani; quello di sinistra è dedicato al Sacro Cuore, mentre a destra si trova l'altare della Sacra Famiglia. Piccoli altari sulle pareti laterali ospitano le statue di S. Giovanni Battista, di Santa Teresa, della Vergine del Carmelo, di San Francesco e di Sant'Antonio di Padova. Si conservano ancora oggi le insigni reliquie di S. Costanza, Vergine e Martire, di San Bonifacio e Vittoria. Una lapide marmorea del XVIII sec. attesta la presenza in Rosarno della nobile famiglia Grimaldi di Monaco.

  • Chiesa del Purgatorio. Nel 1698 appare nel registro parrocchiale anche come “Chiesa dei morti”, o “della Santissima Trinità”. Il culto per le “anime sante del Purgatorio” è antico ed è testimoniato da un’iscrizione sulla campana grande del 1649.

Un quadro collocato sopra l’altare di epoca più recente attesta la grande devozione dei rosarnesi per le anime purganti. Venne inviato dall’Argentina nel 1903 da un tale Juan Rodolico, emigrato, e rappresenta le sofferenze dei defunti destinati al Purgatorio, con le mani tese verso l’alto, dove sta ad attenderle Dio, Bene Supremo. Il gioiello più prezioso di questa Chiesetta (già distrutta dal terremoto del 1783, e nuovamente danneggiata da quello del 1894, fu ricostruita l’anno successivo) è un crocefisso ligneo di pregevole fattura, di autore ignoto, e risalente probabilmente al XVII secolo. Nella Chiesa si trovano: la Varetta con Cristo deposto dalla Croce e la statua di Cristo Redento, protagoniste della Settimana santa (caratterizzata dalla famosa “Affruntata”, l’incontro nella piazza principale della città, domenica di Pasqua, con la partecipazione di migliaia di fedeli, della Madonna con il Figlio risorto), ed una statua di S. Antonio Abate.

  • Chiesa dell’Immacolata. L’antica Chiesa dell’Immacolata, costruita sul finire del XVII sec., era ubicata nell’attuale Piazza Duomo. Venne abbattuta nel 1942 assieme a numerose abitazioni adiacenti per fare posto al monumentale Edificio Scolastico.

Nei primi anni ’50, a cura della famiglia dei Baroni Paparatti, in contrada Gallo, in prossimità della collina Barbalace e a pochi metri da via Roma, fu costruita l’attuale chiesetta che porta l’antico nome. In essa si conserva una bella statua della Vergine Immacolata, con indosso un prezioso vestito di seta turchina ricamato in oro, appartenente, si dice, alla principessa Mastrilli. Nelle piccole nicchie laterali sono collocate le statue di S. Lucia, S. Nicola, S. Alfonso, San Giuseppe. Delle due campane superstiti la più antica è la più piccola, fatta fondere nel 1701.

  • Chiesa dell’Addolorata. Fondata come Chiesa filiale della Parrocchia S. Giovanni Battista, venne ospitata in una piccola baracca, alla periferia del Rione Case Nuove, di recente formazione. Venne ingrandita nel 1930 per fare fronte alle necessità di un quartiere che andava di anno in anno espandendosi.

L’attuale edificio venne costruito nel 1939. Elevata a parrocchia nel 1953, divenne centro di promozione umana e religiosa in un quartiere abitato in prevalenza da contadini e proletari, grazie all’opera instancabile di don Peppino Gagliardi. Dal gennaio 1984 è retta da don Carmelo Ascone, a cui va ascritto il merito di avere intrapreso nel corso degli anni un’accurata opera di abbellimento artistico. Al suo interno si trovano le statue dell’Addolorata e dei SS. Cosma e Damiano, oggetto di culto particolarmente sentito da parte dei fedeli.

  • La Torre dell’Orologio. Ubicata nella Piazzetta San Giovanni Bosco, venne edificata nel 1812 dall’Amministrazione Comunale, sindaco Fortunato Laghani. Collocata in una posizione felice per fare da sfondo alla via principale, ora Corso Garibaldi, rappresenta il simbolo della città.

(Notizie ricavate da: Giuseppe Lacquaniti, Storia di Rosarno, da Medma ai giorni nostri

Fonti storiche

Di Medma ci danno notizia diversi autori tra i quali:

  • Ecateo di Mileto, riportato da Stefano Bizantino, la ricorda come città consacrata alla ninfa Medma;
  • Strabone (VI, I, 5) ne parla insieme ad Hipponion come di città omonima ad una grande fonte;
  • Lo Pseudo Scimno scrive che i Locresi conquistarono Hipponion e Medma;
  • Tucidide narra che i Locresi stipularono, nel 422 a.C., un accordo con l'ateniese Feace mentre erano in guerra con gli Hipponiati e Medmei, confinanti e coloni della stessa Locri;
  • Diodoro Siculo narra che Medma subì una prima istruzione nel 396 a.C. ad opera di Dionigi, tiranno di Siracusa, il quale, chiamato in aiuto dai Locresi di Lokroi Epizephyrioi, fece prigionieri quattromila Medmei destinati a popolare Messina.

L'Attestazione epigrafica più antica di Medma, finora rinvenuta, ci proviene da uno scudo di bronzo che è stato rinvenuto nel 1938 nel santuario greco di Olimpia (uno dei santuari più famosi dell'antichità). Su questo scudo vi è un'iscrizione, facilmente integrabile, in cui si legge che i Medmei, alleati coi Locresi di Lokroi Epizephyrioi e con gli Hipponiati, hanno sconfitto gli abitanti di Crotone.

Inoltre, in questo contesto, non possiamo fare a meno di ricordare che l'unico Medmeo antico, di cui conosciamo il nome, è Filippo di Medma, discepolo, amico e segretario personale di Platone, oltre che autore di un'opera dal titolo "Intorno ai venti", come afferma Alessandro Afrodisiaco nel commento alle "Meteore di Aristotele".

Nel corso del XIX secolo furono eseguiti numerosi scavi archeologici a Rosarno per conto del conte vibonese Vito Capialbi, del Vescovo di Mileto Mons. Filippo Mincione e degli antiquari tedeschi Merz e Major di Taormina.

All'inizio del XX secolo negli anni 1912-1914, l'archeologo roveretano Paolo Orsi, soprintendente della Sicilia orientale e della Calabria, ha condotto due distinte campagne di scavo nel territorio di Rosarno, su Pian delle Vigne e sulla collina di Nolio Carozzo.

In tempi più recenti altri archeologi scavarono a Rosarno. In ordine cronologico si ricordano Paolo Enrico Arias, Salvatore Settis, Claudio Sabbione, Maurizio Paoletti, Maria Cecilia Parra, Maria Teresa Iannelli, Rossella Agostino.

Importanti contributi per la conoscenza di Medma sono venuti da studiosi locali: Giovanni Gangemi, Giuseppe Lacquaniti, Michelino Verzì e il figlio Ugo Verzì Borgese.

Fonti: Da Wikipedia, l’enciclopedia libera